Data

25 settembre 2018

Storytelling nella moda per i millennial: digitalizzazione e nuovi profili professionali creano nuove sfide e con il confine sempre più labile tra online e offline.

Principio cardine della comunicazione della moda da poco meno di un decennio, il concetto di periodicità ha fatto storia e non accenna minimamente a perdere d’importanza.

Sono passati i tempi dell’attesa spasmodica delle settimane della moda stagionali e della ricerca in edicola della nostra rivista preferita per scoprire cos’era in e cos’era out. Nell’epoca dell’iperconnettività, il consumatore di moda detta le regole e smuove cifre a colpi di “like”, una modalità più efficace e con un ritorno di investimento molto più immediato di qualsiasi altro strumento specificatamente adibito.

Storytelling: la narrazione come risorsa comunicativa nella moda

Dai piccoli marchi ai grandi brand di lusso, tutte le parti coinvolte nell’ingranaggio della comunicazione del settore moda hanno preso coscienza della necessità di recuperare un filo argomentativo di ciò che vogliono raccontare per vendere il loro prodotto.

Senza dubbio, la generazione dei cosiddetti millennials è quella che detta i tempi e Arianna Mereu spiega con chiarezza questa circostanza, che pone l’accento sull’aspetto narrativo: “La risposta istantanea e continua del pubblico verso le sfilate, le campagne pubblicitarie, i prodotti, genera un flusso di informazioni che definisce l’identità di un brand. Perciò, di fatto, lo storytelling dei marchi arriva nella maggior parte dei casi all’attenzione del target a cui è destinato, il quale diventa il vero attore protagonista. Il millennial cerca questo: un marchio che lo metta al centro della storia, che lo renda il protagonista, che gli faccia vivere un’esperienza personalizzata”.

Marco Grisolia, invece, analizza le nuove forme espressive di questo fenomeno: “Non a caso allo storytelling tradizionale vengono affiancati sempre più spesso impianti visivi dotati di eye-catching evoluti e interattivi. Come la realtà aumentata, che regala esperienze oltremodo coinvolgenti”.

In tal senso, i marchi hanno una grande responsabilità rispetto alla costruzione di un messaggio valido. “Il brand è responsabile del proprio storytelling, oltre che della possibilità che questo possa stupire e coinvolgere il pubblico in una discussione che vada al di là della moda. È importante non dimenticare che la moda è anche espressione di cultura, di uno stile di vita che passa per l’abbigliamento e di tante altre cose che non necessariamente fanno parte in modo diretto del mondo della moda, per fortuna”, afferma Mereu.

Tastare il polso alla velocità: nuovi profili e opportunità dell’e-commerce

Ancora una volta incontriamo un grande paradosso del settore: mentre il mondo punta a recuperare i mestieri legati alla produzione, il settore della comunicazione abbandona i vecchi specialisti per trovare nuovi professionisti capaci di gestire il panorama liquido, frenetico e in costante cambiamento della nostra realtà.

Queste saranno senza dubbio le figure che andranno a ridefinire l’intera industria nei prossimi anni e che saranno perfettamente capaci di padroneggiare qualsiasi tipo di supporto comunicativo per arrivare con trepidante tempestività a un pubblico sempre più segmentato.

Lo stilista Dudu Bertholini ha una chiara visione del futuro e parla di autentica rivoluzione da questo punto di vista, ponendo l’accento sui profili necessari per affrontare le sfide che il domani ci porrà di fronte: “Siamo passati dalla comunicazione alla collaborazione. Il business del presente e del futuro si basa sulla condivisione delle idee e degli spazi. Costruire diventa sinonimo di condividere. I professionisti, oggi più che specialisti, devono ritornare a guardare alla loro essenza: la loro essenza professionale, la loro essenza creativa e soprattutto la loro essenza umana”. Per Bertholini l’aspetto chiave in fase di definizione dei futuri nuovi profili sarà la formazione: “I professionisti che andremo a formare avranno il compito di creare business che abbiano un impatto positivo sul mondo in continuo cambiamento e che, al contempo, siano in grado di generare benefici per tutti. Ed è proprio qui che troviamo l’impiego di strategie basate principalmente sulla comunicazione”.

Monica Poggi, esperta di e-commerce, sottolinea inoltre il cambio di profilo del personale dei punti vendita dovuto al passaggio alla digitalizzazione. “Il personale di vendita non può essere preparato esclusivamente su ciò che viene venduto all’interno dello store fisico, ma dovrà essere aggiornato anche sulle dinamiche di marketing digitale che l’azienda attiva, per fornire un’esperienza di acquisto decisamente personalizzata. La visita in negozio è il primo canale di attivazione per lo shopping offline.”

 

La forza dell’immagine e la sfida della differenziazione digitale

Possiamo notare che all’epoca dalla creazione delle prime riviste specializzate di moda, nel XIX secolo, la comunicazione aveva una struttura ciclica, piramidale e fisica, basata su un’estetica attraente alla quale il consumatore si avvicinava secondo un modello aspirazionale. Questo paradigma, rimasto valido piuttosto a lungo nonostante i costanti rinnovamenti logici in parallelo all’evoluzione dei tempi, risulta attualmente obsoleto.

Marco Grisolia afferma che il cambio di paradigma favorisce il grande salto a una comunicazione distinta: “Prima di affrontare le trasformazioni che stanno interessando o interesseranno il sistema moda (…) è necessario accettare come prima cosa che ideali quali bellezza o eleganza non rappresentano più un vincolo espressivo per il messaggio e la produzione di moda”.

L’esperto, inoltre, ci parla degli orientamenti estetici  di questo momento. “La deflagrazione dei dress code e l’affermazione di soluzioni stilistiche complesse, meglio identificate come freestyle, porta con sé, ancor prima della sperimentazione estetica, moti di una rivoluzione sociale, valori come libertà di espressione e individualismo. È perciò un processo che comporta una serie di vantaggi, che crea la necessità di produrre contenuti in grado di generare interesse e desiderio. Obiettivo sempre più arduo, considerando la fase storica nella quale ci troviamo… in cui tutto, o quasi, è già stato sperimentato. Condizione questa che favorisce l’applicazione di una specifica tipologia di linguaggio che possiamo definire ‘disturbante’. Che è capace però di catalizzare in modo incisivo l’attenzione di un pubblico sempre più esigente quanto assuefatto”.

E allora, quali sono i marchi che stanno concentrando la loro attenzione sui nuovi modelli e applicano strategie di comunicazione in linea con l’attualità del settore? Monica Poggi afferma: “Le imprese di questo settore hanno preso coscienza del fatto che il digitale è un'opportunità e una necessità, ma il processo di trasformazione deve essere gestito in maniera strategica, cercando la coerenza tra ciò che si vuole fare, come si vuole servire il cliente e quali sono le tecnologie che facilitano questa relazione”.

Sara Azzone, dal canto suo, elenca le case di moda che rappresentano l’eccellenza da questo punto di vista: “Esistono modelli di eccellenza come Gucci o Balenciaga, imprese che non raccontano la propria identità soltanto attraverso se stesse e il proprio prodotto, ma anche attraverso i forti legami che hanno sviluppato con i propri clienti, i quali non vengono considerati semplici clienti, ma piuttosto fruitori. (…) Tra le altre troviamo esempi come Valentino, che crea contenuti social (Instagram stories) molto efficaci e “attraenti”, Burberry, che possiede un canale Snapchat molto completo ed è stata una delle prime aziende a cavalcare l’onda dell’innovazione digitale, e Fendi che, con l’hashtag #f_is_for_fendi, crea un legame concreto con i millennials e mappa tutte le nuove culture giovanili”.

Come possiamo osservare, gran parte delle nuove strategie di comunicazione è orientata verso il mondo online. Si ha così una crescente ibridazione tra i due mondi.

Monica Poggi ci spiega in quale modo il comportamento dell’utente è cambiato dopo l’avvento del phygital: “I percorsi di acquisto dei consumatori all’interno del panorama di consumo sono molto differenti e legati a specifiche abitudini, bisogni e ai diversi livelli di confidenza con gli strumenti messi a disposizione delle aziende, sia online che offline. (...) Non esiste perciò una tipologia di consumatore digitale, né tantomeno una di acquirente “tradizionale”: gli internauti si riflettono in una pluralità di profili fortemente differenziati, ma tutti accomunati dalla voglia di vivere esperienze di acquisto uniche e personalizzate. (...) Ogni consumatore, approcciando in maniera diversa le tre dimensioni, crea la sua personale esperienza di acquisto, solitamente complessa, in cui si intrecciano contesto online e offline. Ormai il confine tra i due canali è sempre più labile, non esiste più il solo offline o il solo online”.

Dalle parole dei nostri esperti possiamo trarre una chiara conclusione: il mondo della comunicazione del settore moda evolve in maniera frenetica e in parallelo all’evoluzione tecnologica. Il cliente è utente e creatore dell’immagine del brand, i marchi non impongono più la loro visione, ma piuttosto interagiscono dando vita a un dialogo congiunto. La definizione dei ruoli scompare e viene dato grande valore alla nuova iperconnettività tecnologica oltre che all’aspetto umano, monitorando l’evoluzione sociale e connettendosi con nuove abitudini di vita che segnano i tempi del consumo del futuro.

Autrice: Rosa Moreno Laorga

Foto: Danila Giancipoli

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